PROCESSO TRIBUTARIO: NUOVA CONCILIAZIONE ANCHE IN APPELLO

Il decreto di riforma del contenzioso tributario - D.Lgs. n. 156/15 – riscrive le regole sulla conciliazione, estendendo l’istituto al giudizio d’appello.

Con decorrenza dall’1/1/2016, la conciliazione sarà esperibile per tutta la durata del giudizio di merito.

Conciliazione fuori udienza. Ai sensi del nuovo art. 48 del D.Lgs. 546/92, le parti possono presentare alla CTP o alla CTR un’istanza congiunta laddove abbiano raggiunto un accordo per la totale o parziale conciliazione della controversia. Qualora sia già stata fissata l’udienza, la Commissione dichiara la cessazione della materia del contendere con sentenza; emette invece un’ordinanza se l’accordo è solo parziale; in tal caso il giudizio proseguirà per le questioni che non sono state oggetto di conciliazione.
Laddove la data di udienza non sia stata ancora fissata, quando le parti hanno presentato l’istanza congiunta di conciliazione totale o parziale, il presidente della sezione provvede con decreto.
L’istanza congiunta, per la c.d. conciliazione “fuori udienza”, deve essere sottoscritta dalla parti oppure dai rispettivi difensori a ciò delegati.

L’accordo deve indicare le somme dovute con la specificazione dei termini e delle modalità di pagamento. Esso costituisce titolo per la riscossione delle somme dovute all'ente impositore e per il pagamento delle somme dovute al contribuente.

Conciliazione in udienza. Ai sensi del nuovo articolo 48-bis del D.Lgs. n. 546/92 le parti, tanto in primo grado quanto in appello, possono presentare istanza per la totale o parziale conciliazione della controversia, entro il termine di 10 giorni prima dell’udienza fissata per trattazione della causa.
Se il giudice ritiene che sussistano i presupposti di ammissibilità dell’istanza, invita le parti alla conciliazione; qualora l’accordo conciliativo non sia raggiunto entro la prima udienza di trattazione, il giudice potrà comunque concedere alle parti un rinvio e fissare una nuova successiva udienza, per l’eventuale perfezionamento dell’accordo conciliativo oppure, in mancanza, per la discussione della causa nel merito.
Se la conciliazione andasse a buon fine, dovrà essere redatto un apposito verbale che indicherà le somme dovute a titolo d’imposta, di sanzioni e interessi. Il verbale costituirà titolo per la riscossione delle somme dovute all’ente impositore, e per il pagamento delle somme dovute al contribuente nel caso di crediti.

Pagamento e sanzioni. Le modalità per il pagamento delle somme dovute a titolo di conciliazione (in udienza o fuori udienza) sono individuate dall’art. 48-ter, che nel testo modificato stabilisce un regime sanzionatorio differente per la conciliazione in primo grado e per quella in appello:

qualora il perfezionamento della conciliazione avvenga nel corso del primo grado di giudizio, le sanzioni si applicano nella misura del 40% del minimo previsto dalla legge;
il perfezionamento della conciliazione nel corso del giudizio d’appello comporterà, invece, l’applicazione delle sanzioni nella misura del 50% del minimo previsto dalla legge.

L’art. 48-ter dispone che entro 20 giorni dalla data di sottoscrizione dell’accordo per la conciliazione fuori udienza, oppure della redazione del processo verbale in udienza, deve essere effettuato il versamento dell’intero importo dovuto o della prima rata. In caso di rateizzazione, il mancato pagamento anche di una sola rata, compresa la prima, entro il termine di pagamento della rata successiva, comporterà l’iscrizione a ruolo delle residue somme dovute e della sanzione di cui all’art. 13 del D.Lgs. n. 471/97, “aumentata della metà e applicata sul residuo importo dovuto a titolo d’imposta”.
Per il versamento rateale delle somme conciliate si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni in tema di accertamento con adesione (L. 218/97). A differenza dell’accertamento con adesione, che si perfeziona con il versamento dell’importo dovuto o della prima rata, la conciliazione giudiziale si perfeziona al momento della sottoscrizione dell’accordo (nel caso di conciliazione fuori udienza) ossia con la redazione del processo verbale (nel caso di conciliazione in udienza).

 

Cartella notificata tramite posta: Cassazione Sent. n. 2625/2015

Cassazione Tributaria, sentenza depositata l’11/2/2015

Se il contribuente nega di avere ricevuto la cartella di pagamento inviata per posta, spetta a Equitalia dimostrare l’esatto contenuto del plico raccomandato. Non è corretto affermare che la spedizione effettuata dall’agente della riscossione dà di per sé garanzia che nella busta vi era la cartella di pagamento.

È quanto si ricava dalla sentenza 11 febbraio 2015 n. 2625 della Corte di Cassazione - Sezione Tributaria.

Principio. I giudici della Suprema Corte hanno riaffermato il principio per cui, “nel caso di notifica della cartella di pagamento mediante l'invio diretto di una busta chiusa raccomandata postale, è onere del mittente il plico raccomandato fornire la dimostrazione del suo esatto contenuto, allorché risulti solo la cartolina di ricevimento ed il destinatario contesti il contenuto della busta medesima” (ex multis, n. 18252 del 2013).

Il richiamato principio, ad avviso dei supremi giudici, non soffre di eccezioni in ragione di qualità soggettive del mittente, tenuto anzi al rispetto dei principi, di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede col contribuente.

Il caso. Un contribuente pugliese si era visto dare torto nei primi due gradi di giudizio rispetto a un fermo amministrativo non preceduto, a suo dire, dalla regolare notifica della cartella di pagamento.

La CTP e la CTR non hanno nutrito dubbi sul fatto che nella raccomandata spedita da Equitalia vi fosse l’atto presupposto, in quanto la spedizione era stata “effettuata pur sempre dal concessionario, che offre sufficienti garanzie in tal senso”; inoltre “l’estratto di cartella depositato conteneva un elenco di codici e numeri corrispondenti a quelli richiesti dall’originaria cartella”. 
 
Secondo la Suprema Corte, il contribuente ha lamentato, a buon diritto, la violazione e falsa applicazione degli articoli 26 D.P.R. 602/73, 1335 e 2697 cod. civ., in quanto, in caso di contestazione relativa al contenuto della busta spedita, l’onere della prova di detto contenuto spetta al mittente medesimo, anche quando si tratta del concessionario della riscossione.

La S.C. ha rinviato alla CTR della Puglia per nuovo giudizio.